sabato 23 agosto 2008

Il caso Piratebay: Il gioco sporco delle major

Perchè il PM di Bergamo permette ad un privato di RUBARE le PASSWORD degli utenti di ThePirateBay?

Eravamo rimasti al gravissimo fatto del dirottamento degli IP di ThePirateBay su un sito facente capo all’industria discografica, fatto di per sè già gravissima e di cui hanno parlato in moltissimi tra cui Minotti e Mantellini, facendo notare come sia pericoloso dare i dati di navigazione ad una parte terza estera che li usa prevalentemente per denunciare.

Ma non basta. Già, perchè il reindirizzamento dei DNS all’IP incriminato, soluzione adottata tra gli altri anche da Fastweb, consente alla FMI di leggere e manipolare i cookie degli utenti.

E cosa ci importa, direte voi?
Semplice, manipolando i cookie è possibile, in taluni casi, impersonare l’utente e “loggarsi” nel sito a suo nome.

Se vi dicessi che in questo momento i discografici potrebbero, ad oggi, aver manipolato il sito per loggarsi potenzialmente a vostro nome? E per vedere i vostri Torrent condivisi? E postare a vostro nome?

E’ possibile usare queste tecniche anche anche per ThePirateBay? Sì, qui sotto la dimostrazione, effettuata con un Safari che naviga da Fastweb ed un Firefox che naviga via tunnel SSH:

Che dire?
Sicuramente che le vostre credenziali sono in pericolo e che sarebbe buona cosa che questa ridicola situazione finisse.

Scrivete al Garante, scrivete a Mancuso segnalando la cosa, scrivetene anche solo in giro e fate girare il video, insomma, diffondete la voce.

Che cosa possono fare ora quelli di FMI se il cookie è ancora valido? Tra le altre cose:

  • Vedere il vostro Username
  • Sostituire le Password
  • Visualizzare l’elenco dei vostri Torrent
  • Visualizzare i torrent che voi avete condiviso
  • Postare nei commenti in TPB a vostro nome

Mi sembra motivo sufficiente per inalberarsi, non credete?

Soprattutto se pensate che la legge utilizzata per attuare questa censura preventiva in teoria è nata solamente ai fini di contrasto della PedoPornografia!

C’è veramente di che vergognarsi stavolta.


giovedì 21 agosto 2008

Telefonini rincari fino al 60% - Come difendersi?

Se si cercava l’«effetto spiaggia» per addolcire la pillola, i calcoli dei manager della Vodafone si sono rivelati clamorosamente sbagliati: complici il caro vacanze e l’impennata dei prezzi, sono stati molti più del previsto gli utenti che hanno ricevuto il messaggino del «cambio tariffa» a casa o sul posto di lavoro. Ricevere una notizia spaparanzati in spiaggia è un conto, seduti in ufficio è tutt’altro discorso: e così il passaggio obbligato da una tariffa all’altra ha fatto sì che molti, dei cinque - sei milioni di utenti coinvolti, hanno sfogato il proprio sconcerto sul web, inondando i forum dei siti specializzati.

Se l’operazione portata avanti parallelamente dall’altro gigante del settore, la Tim, era avanzata nei mesi scorsi senza sollevare troppo rumore, la discesa in campo del colosso inglese ha invece scatenato un putiferio. Del resto l’azienda con sede a Londra ha optato per un’operazione di «ammodernamento» dei piani tariffari radicale, mandando quasi contemporaneamente a poco meno di sei milioni di utenti un sms il cui succo in fondo è questo: è ora di dire addio alle vecchie tariffe, tutte già da anni non più sottoscrivibili e spesso le più vantaggiose. Di questa «rivoluzione tariffaria», un’operazione senza precedenti nell’intera storia della telefonia mobile in Italia, la Vodafone dà una spiegazione relativamente semplice.

Anzi semplificante: «Per i clienti era molto difficile districarsi - ha commentato nei giorni scorsi al Corriere della Sera Paolo Bertoluzzo, presidente di Vodafone Italia - nella giungla delle vecchie tariffe: per questo abbiamo deciso di ridurre il numero dei piani da 31 a 7. Inoltre queste tariffe, a causa dell’obsolescenza della piattaforma, non permettevano di accedere a una serie di promozioni come Passport e Vodafone Casa».

Per venire dunque incontro al cliente dal prossimo primo ottobre 31 tariffe spariranno, accorpate in sette nuovi piani, semplificati ma con caratteristiche di fondo simili ai precedenti. Difficile non vedere una connessione fra quanto avverrà in Italia dal primo ottobre e quanto accadrà il mese prima in Inghilterra. Anche qui le tariffe dei clienti Vodafone aumenteranno, ma senza la parallela sforbiciata nel numero dei piani tariffari. Impossibile poi dare uno sguardo d’insieme alle variazioni dei costi nel passaggio da piano tariffario a un altro: Vodafone non ha diffuso i dati complessivi dei cambiamenti, lasciando a ciascun singolo utente il compito di calcolare, telefonando o sui siti web, i cambiamenti di prezzo.

Aspetto comune a tutte le nuove tariffe Vodafone l’incremento dello scatto alla risposta, che passerà da 10 o 15 centesimi a 16. Un rincaro del 60 per cento. A controbilanciare l’aumento dello scatto alla risposta la diminuzione del costo degli sms da 12-15 a 10 cent. Gli utenti si trovano ora a dover decidere cosa fare: silenzio assenso, e accettazione del nuovo piano tariffario; scelta di una differente tariffa o cambio di operatore telefonico. Più dettagliate le informazioni fornite dalla Tim, che a oltre tre milioni dei suoi clienti ha annunciato ritocchi tariffari dall’8 settembre per dieci dei vecchi abbonamenti, anche in questo non più sottoscrivibili - alcuni infatti sono fuori mercato già dal 1999.

Le tariffe saranno rialzate mediamente di 3 cent al minuto, Iva inclusa. Ma anche qui c’è il lato dolce: saranno scontate del 50 per cento le telefonate oltre i due minuti. Per quanto riguarda gli altri operatori, non cambia nulla invece in casa Wind e neanche per i clienti «3 Italia». Solo nei prossimi giorni sarà possibile dire se Wind e «3», le due compagnie di nicchia - da sole Tim e Vodafone rappresentano oltre l’80% del mercato italiano - sapranno intercettare gli eventuali transfughi dei due colossi: per il momento nessuna delle due società ha in programma alcun ritocco delle tariffe. Ben chiara fin d’ora invece la contrarietà a parte delle associazioni dei consumatori agli annunciati cambiamenti delle tariffe. Altroconsumo e Codacons, da sempre attive nel settore delle telecomunicazioni, sono già sul piede di guerra: entrambe hanno presentato esposti in Procura.

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Come difendersi dalle brutte sorprese dei telefonini? Che poi tanto sorprese non sono, visto che, almeno per quanto riguarda gli sms trappola, sono già arrivate valanghe di segnalazioni alle Authority della Concorrenza e delle Comunicazioni, che infatti hanno avviato, il 31 luglio, un’indagine congiunta proprio sui servizi di messaggeria e dati in mobilità.

Un atto dovuto, a fronte di una realtà ormai preoccupante: solo dal gennaio 2007 allo scorso luglio, l’Antitrust ha inflitto a società del settore 233.500 euro di multa per «pubblicità ingannevole», legata appunto agli sms, oltre ad avere ordinato, nel maggio scorso, il blocco dei messaggi che invitano a chiamare il numero 899 dal telefono fisso, in quanto non forniscono indicazioni sul costo della telefonata - in realtà rilevante, visto che si parte da 15 euro come scatto alla risposta - e sono inviati senza aver ottenuto il consenso dei destinatari. L’Authority ha messo inoltre a disposizione un numero verde per le segnalazioni: 800166661, reperibile anche sul sito www.agcm.it.

Continuando ad addentrarci nel labirinto dei servizi non richiesti, troviamo le «famigerate» suonerie dei cellulari. Scaricarne una non solo equivale nella quasi totalità dei casi ad attivare inconsapevolmente un costoso abbonamento, ma addirittura, in un caso su tre, si paga anche se è impossibile attivare il servizio, secondo un’inchiesta dell’associazione Altroconsumo, che ha infatti presentato 8 esposti all’Antitrust su questo argomento.

In molti casi, però, non ci si accorge della spesa se non quando arriva la bolletta. Il primo passo, in questo caso, è la presentazione di un reclamo al proprio gestore telefonico, con raccomandata a/r, chiedendo la disattivazione dei servizi non richiesti e il rimborso degli importi indebitamente pagati. In caso di risposta insoddisfacente, la legge prevede un tentativo obbligatorio di conciliazione, attraverso i Corecom (Comitati regionali per le comunicazioni): indirizzi e moduli si trovano sul sito dell’Autorità per le Comunicazioni, www.agcom.it. Se neanche la conciliazione dà risultati, si può rivolgersi direttamente all’Authority, che ha 90 giorni di tempo per concludere il procedimento.

Può essere utile anche rivolgersi alle associazioni di consumatori, che già si sono mobilitate anche sui cambi tariffari decisi - e annunciati, tanto per cambiare, via sms - prima da Tim, poi da Vodafone. Una coincidenza inquietante, secondo il Codacons, che oltre ad esortare i clienti delle due compagnie a cambiare gestore, ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Roma per appurare se l’operazione «non sia in violazione della legge sulla concorrenza e non nasconda un accordo tra i due gestori». Anche Altroconsumo invita le Authority della Concorrenza e delle Comunicazioni a vigilare, ricordando inoltre agli utenti che il cambio di piano tariffario è sempre gratuito, mentre chi decide di cambiare operatore conservando il proprio numero ha diritto alla restituzione del credito residuo.

Bolt oro e record nei 200 come nei 100

Strabiliante il giamaicano. Doppietta olimpica (come Carl Lewis nel 1984) e doppio record del mondo: Usain corre in 19"30 e stravince la seconda finale della velocità. Cancellato per due centesimi Michael Johnson 12 anni dopo. E domani compie 22 anni: "Non pensavo fosse possibile, sono scioccato"

Usain Bolt non si ferma ai 100. E al record del mondo in 9'69". Passano tre giorni e il giamaicano, senza avversari nella velocità, "cannibalizza" anche i 200 metri: oro olimpico e record del mondo 19"30. Con quasi un metro di vento contrario. Il 21enne nuovo fenomeno della velocità mondiale cancella nell'Olimpiade cinese Michael Johnson. Sua altezza che ad Atlanta '96 scrisse 19"32, battendo Pietro Mennea. Bolt è il nono atleta della storia delle Olimpiadi a segnare la doppietta veloce: l'ultimo era stato il "figlio del vento" Carl Lewis a Los Angeles '84.

E Bolt alla fine della gara esplode tutta la sua gioia. Prima del giro di pista abbracciato alle sue scarpette dorate, e festeggiato dalla concorrenza, si è avvicinato alla telecamera ed è esploso in un: "Sono io il numero uno". E durante la festa allo stadio Nido d'Uccello parte "Happy birthday to you": Usain domani compirà 22 anni. Ha scelto di farsi un regalo indimenticabile.

Nessuna discussione, gli avversari per Bolt non esistono. Forse una partenza al limite della falsa con lo sparo "bruciato" nella partenza sul blocco (che, tra l'altro, doveva essere il suo tallone d'achille) e la gara con gli "umani" dura poco più di 10 appoggi. In curva il giamaicano domina già. E questa volta, a differenza dei 100 metri dove si era rialzato negli ultimi metri, si impegna fino in fondo con la sua falcata ampia. E' record del mondo, il secondo lampo di Bolt che squarcia la notte di Pechino. Per le cronache al secondo posto si piazza Shawn Crawford (Usa), al terzo Walter Dix (Usa).

"Non pensavo fosse possibile, sono scioccato". Bolt non riesce a credere al tabellone e nemmeno a se stesso. Il 19"30 con cui il giamaicano ha stabilito il nuovo record mondiale nella finale dei 200 metri è "incredibile". Bolt ha realizzato una strepitosa doppietta dopo il trionfo del 16 agosto nella finale dei 100 metri, con doppio record del mondo. "Questo primato però è veramente inaspettato" dice lo sprinter. "È un sogno che diventa realtà. Ho dimostrato di essere un vero campione - aggiunge -. Dopo le semifinali mi sentivo molto stanco ed ero un po' preoccupato, ma subito dopo la partenza ho realizzato che ce la potevo fare. Sono molto orgoglioso di me. La medaglia è importante, ma il record è davvero incredibile. Mai mi sarei aspettato di poter correre così veloce. Adesso mi sono conquistato una fama che durerà per tutta la vita".

mercoledì 13 agosto 2008

SMS più costosi dei file di Hubble

Gli SMS costano molto, moltissimo. Costano più dei dati trasmessi a terra dal Telescopio spaziale. Un altro modo per accorgersi di quanto costano i messaggini


Roma - Quanto costa l'astrofisica e l'osservazione dei fenomeni celesti? Sicuramente meno di un messaggio testuale scambiato su rete cellulare, sostiene il dottor Nigel Bannister dell'Università di Leicester. Bannister ha scavato nelle spese necessarie per spedire a terra un Megabyte di informazioni digitali carpite dal telescopio Hubble, e le ha comparate al cumulativo derivato dal costo unitario medio di un SMS in UK. Risultato, le parole costano molto più delle immagini di quasar ed exopianeti lontani. Incommensurabilmente di più.

In sostanza lo scienziato ha stabilito che, nel più pessimistico dei casi, il costo degli SMS è superiore di 4,4 volte a quello della trasmissione dei dati del telescopio della NASA. Stabilita in 5 penny (ovvero 6 centesimi di euro al cambio attuale) la spesa media per un SMS, Bannister ha calcolato il numero di messaggini contenuti in un Megabyte di informazioni (7.490), tenendo presente che ognuno di essi occupa 140 byte (160 caratteri massimi per 7 bit in ogni carattere).

Dalla NASA il ricercatore ha appreso che ogni singolo MB di informazioni tirato giù a terra dalla stazione ricevente del telescopio Hubble costa esattamente 8,85 sterline (11,13 euro), cifra che non include le spese necessarie alla gestione delle stazioni riceventi e del personale addetto per far giungere il tutto ai database accessibili dagli scienziati.

Facendo in tal senso alcune "prudenti supposizioni", dice Bannister, si ottiene la stima finale di 85 sterline (165,52 euro) per Megabyte, che confrontata con il prezzo di 374,49 sterline (471,35 euro) necessarie per un MB teorico di messaggi testuali, risulta appunto superiore di oltre 4 volte. "Hubble non è certamente una missione economica - conclude il ricercatore - ma il costo dei messaggi di testo su cellulare è oltremodo astronomico!".

E se in UK i costi sono astronomici, risulta difficile trovare un aggettivo proporzionato quando si prende in considerazione la situazione italiana: qui da noi, com'è noto, il cartello degli operatori mobili ha in sostanza fissato il prezzo universale di 15 centesimi di euro che, se moltiplicato per 7.490, dà 1.123,5 euro. Ovvero oltre due volte il costo stimato per sparamessaggiare nel Regno Unito.

martedì 12 agosto 2008

Il nobile cuore del P2P

Bellissimo questo articolo. Leggetelo.

di Luca Schiavoni - Il grande rimosso della battaglia delle multinazionali contro i sistemi di sharing è il movente. Cosa muove milioni di utenti? Perché condividono? Perché scaricano? Sono degli scrocconi? Tutto qui?


Il movente, nei delitti e nei crimini, è fondamentale. Uccidere in un momento di follia, disperazione o gelosia, oppure uccidere per conto terzi a pagamento, non è la stessa cosa. Rubare per pagare i conti di una famiglia indigente non equivale a rubare per alimentare organizzazioni criminali internazionali. Nel caso del P2P, i cui utenti negli spot antipirateria vengono equiparati a ladri da B-movie, è curioso che si tenga così poco conto del movente.

Cosa spinge milioni di persone a scaricare musica e film? Cosa potrebbe rispondere in un processo un reo confesso, uno scaricatore privato, domestico, di quelli che ce ne sono milioni, e che voglia spiegare il perché? Cos'altro potrebbe dire se non che voleva sentire musica gratuitamente, o vedersi film gratuitamente? Questo è il movente, questo è il delitto con cui fare i conti, questo il criminale. Guardiamolo bene: è una persona che vuole musica, film, giochi, programmi, e che ne ha bisogno per star meglio, divertirsi, migliorarsi, godere.

In un quartiere cittadino se furti e rapine aumentano esponenzialmente le amministrazioni possono fare due cose: reprimere la criminalità o eliminare le cause - il movente - che portano ai crimini. Fermarsi alla repressione, senza adottare contromisure sul territorio, non cancella il crimine. Quello resta. E resta anche il movente. Se la pena di morte non serve a ridurre la criminalità, figuriamoci se le peraltro rarissime sanzioni ai "pirati del P2P" bastino a cancellare "il delitto" o aggredire il movente.

Se è vero che la famiglia della casalinga di Voghera s'arrabatta con denari che certo la spingono più facilmente verso il Mulo che verso i tradizionali circuiti della distribuzione a pagamento, nel caso del P2P non si può ridurre tutto ad una questione economica.

In posti come quello dove vivo, con DVD in affitto a 3 euro al giorno e cinema a 8 euro, spenderne meno di 20 al mese per avere un "canale di download" aperto giorno e notte è un affare per tutte le famiglie. Su quel canale ci si può trovare l'ultimo film in uscita ma anche introvabili chicche d'archivio, irreperibili altrove. Filmografie di Pasolini e Totò, fantascienza anni 50, discografie di cantautori, il meglio del cinema trash italiano. Tutto o quasi, subito o quasi. Non parliamo dell'utopia anarchica di un pirata, ma di una realtà per milioni di italiani.

Nei miei vent'anni "accedere" al parco musicale completo esistente era tecnicamente impossibile. Frequentando molti amici e negozi di dischi riuscivo ad ascoltare solo una minima parte di tutto quel che volevo sentire. Ho persino lavorato per un decennio nel secondo archivio discografico europeo, eppure c'era sempre qualche disco nuovo che non riuscivo ad ascoltare, a raggiungere. Oggi conosco 60enni che in 10 anni di P2P si sono fatti piccoli archivi di nostalgie e di copie digitali di cassette ammuffite nelle scatole sotto il letto. Ho visto 12enni bearsi della gioia di avere l'intera discografia di Laura Pausini nel proprio miniplayer da taschino. So di operai da 600 euro al mese che controllano eMule di prima mattina contenti del fatto che "se non si ferma il download stasera c'ho anche un bel filmetto", gustandosi in macchina nella vecchia autoradio un Cd appena scaricato in mp3 e poi masterizzato.

E vedo anche hard disk esterni in vendita a prezzi stracciati (persino col telecomando) pronti a riempirsi di DivX, Mp3, discografie compresse in RAR, immagini ISO di giochi da masterizzare, screener cinematografici con l'audio che rimbomba. Eppure in tutto questo io proprio non riesco a vedere il crimine perché il movente è vivere in serenità, conoscere e gustare, è un movente nobile, come nobile è il cuore del P2P.

In tutti loro vedo solo la "la fame del Bello", inteso come piacere e come personale ricerca di un miglioramento della qualità della propria vita. Un movente talmente umano e nitido, ai miei occhi, da impormi una riflessione. Se escludiamo il fine di lucro, e dunque ci concentriamo sulla stragrande maggioranza degli utenti internazionali del P2P, il fine è il Piacere. Il piacere di un libro, un film, una canzone, un gioco. Il divertimento. Il Bello.

Il movente è poter accedere a contenuti altrimenti indisponibili, oppure recintati da modelli di business su cui ci si affanna in tanti, tutti intorno al loro capezzale. Il movente è fruire di contenuti nobili e utili al miglioramento della propria esistenza. Questa è l'intenzione, una pulsione innocente e diffusa, e così mi sembra venga percepita da tutti, fuorché da chi crede di rimetterci, come le major.

Chi scarica musica non lo fa per fare un dispetto agli autori ma per godere del piacere di ascoltare cosa hanno realizzato. Chi scarica Jovanotti insomma non lo fa perché lo odia, ma lo fa perchè Jovanotti gli piace, e prova piacere ad ascoltare la sua musica.

Dove sono le reti WiFi cittadine dalle quali attingere gratuitamente a milioni di film e trasmissioni della televisione pubblica? Dove sono le biblioteche dalle quali scaricarsi sulla chiavetta USB qualsiasi libro? Dove sono le radio che mandano la musica che piace a me, quando voglio io, gratuitamente? Dov'è il "computer di bordo" con lo scibile umano in formato digitale, accessibile da chiunque? In mancanza di tutto questo, armate di nobili Cercatori del Bello procedono per la propria via, e non sembrano proprio volersi fermare.

Il P2P incarna per milioni niente più che uno scambio etico e paritario, un peering dovuto al fatto che quella è la sola possibilità reale per accedere proprio ai contenuti di cui si sente il bisogno. Sono milioni di curiosi, che annusano molto più di quello che l'industria ha da offrire, e il P2P è uno strumento che viene percepito come un mezzo per stare bene e godersi le cose belle della vita. Come certi liquori.

È questo il crimine? E chi trova il modo di dirglielo? Come spiegare ad un uomo curioso che la sua voglia di conoscenza è un crimine? Il più grande delitto è soltanto ignorare il movente di un comportamento, un movente che viene da molto più lontano dell'industria del copyright. Una necessità umana, e nobile, come il nobile cuore del P2P.

Le follie della giustizia: giudice manda in fumo il decreto sicurezza

Catturati e poi rimessi in libertà, fermati dai carabinieri con l’accusa di aver fornito un nome e un cognome di fantasia e quindi scarcerati da un giudice perché quel nome e quel cognome potrebbero anche essere veri. Non c’è certezza sull’identità dei clandestini - è il ragionamento fatto dal giudice -, ma non c’è neppure certezza sul fatto che abbiano mentito ai militari durante il controllo. E dal momento che il nuovo reato di false generalità prevede l’arresto solo in flagranza di reato, allora tanto vale rimettere gli stranieri in libertà.

Il «pacchetto sicurezza» approvato dal Parlamento a fine luglio subisce così un primo, duro attacco in un’aula di tribunale. L’aula è quella del tribunale di Torino, il giudice che ha aggirato il decreto legge numero 92, quello convertito in legge il 24 luglio scorso, si chiama Gloria Petrini. C’era lei, sabato mattina, nell’aula delle udienze di convalida. Di fronte a lei erano seduti tre imputati, tutti e tre clandestini e provenienti da Paesi dell’Africa centrale. Erano stati fermati il giorno prima dai carabinieri della Compagnia Oltredora nell’area di Tossic Park. Addosso non avevano sostanze stupefacenti, anche se il sospetto che fossero pusher è forte. Il campanello d’allarme, tuttavia, suona nel momento in cui gli stranieri forniscono le proprie generalità. Il primo afferma di chiamarsi Pape Lo, di avere 21 anni e di provenire dal Gabon. Anche il secondo uomo arriva dal Gabon, dice di chiamarsi Maurice Delvaro e di avere appena compiuto 27 anni. Infine, ecco Djibril Diop: è senegalese e ha 31 anni. La banca dati dell’Arma scopre però l’inganno: Pape, Delvaro e Diop erano stati fermati altre volte in passato e ogni volta avevano fornito nomi e cognomi differenti. I rilievi dattiloscopici non lasciano dubbi: sono clandestini e le loro generalità false. Scatta l’arresto.

Un arresto che diventa adesso possibile grazie al “pacchetto sicurezza” del governo approvato a fine luglio dal parlamento. Quel pacchetto, infatti, contiene il nuovo articolo 495 del codice penale: la «falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o qualità personali proprie e di altri». Un reato che prevede l’arresto immediato in flagranza di reato. E per i carabinieri della Compagnia Oltredora la flagranza di reato, in questo caso, c’è: le generalità fornite dai tre clandestini, infatti, sono false. Ma per il giudice Gloria Petrini non è proprio così. I nomi forniti dai tre centrafricani potrebbero infatti essere reali, non c’è certezza del contrario. È vero che in passato i tre clandestini avevano fornito altri nomi e cognomi, ma ciò che conta durante l’udienza di convalida sono le generalità indicate dagli stranieri al momento del fermo: questi nomi sono diversi da quelli forniti in passato, forse proprio per questo motivo potrebbero essere reali. Il passato non conta, i precedenti neppure. Conta solo la flagranza di reato. E su questo punto, per il giudice, non ci sono certezze. È la flagranza di reato il cavillo che consente al giudice Petrini di non convalidare il fermo.
«Una decisione incomprensibile, contro la quale ricorreremo in Cassazione»: sono state queste le prime parole pronunciate dal procuratore capo reggente Raffaele Guariniello dopo aver saputo della mancata convalida dei tre fermi. Il magistrato ha riconosciuto che esiste un problema che va affrontato in tempi rapidi e ha auspicato la presenza di un organo che indichi ai giudici una linea comune da seguire. Non è possibile, è l’opinione condivisa in Procura, che gli esiti delle udienze di convalida cambino a seconda del giudice. «È assurdo - ha commentato Guariniello - che un giudice convalidi il fermo e che un altro giudice rimetta invece in libertà il clandestino di turno». Scelte incomprensibili che rendono vani gli sforzi compiuti ogni giorno da carabinieri e polizia.

Il futuro del frigorifero? E' senza compressore

Previsioni tecnologiche

Lo studio ha riguardato i polimeri ferroelettrici che mostrano cambiamenti di temperatura a temperatura ambiente quando sottoposti a un campo elettrico, poiché a livello molecolare passano da uno stato altamente disorganizzato a uno molto ordinato

I frigoriferi del futuro e altri dispositivi di raffreddamento potrebbero perdere i loro compressori e circuiti di liquido per affidarsi ai dispositivi a stato solido, secondo quanto annunciato da ricercatori della Penn State University che stanno studiando gli effetti del calore indotto elettricamente su alcuni polimeri ferroelectrici.

"Si tratta del primo passo verso lo sviluppo dell’unità di refrigerazione a campo elettrico”, ha spiegato Qiming Zhang, docente di ingegneria elettronica della Penn State. "Per il futuro possiamo prevedere un frigorifero a pannello piatto. Niente più circuiti né compressori, solo polimeri solidi con opportuni scambiatori di calore.”

Lo studio è iniziato dalle ricerche sui polimeri ferroelettrici che mostrano cambiamenti di temperatura in condizioni ambiente quando sottoposti a un campo elettrico. Questi cosiddetti polarpolimeri includono tra le altre sostanze il poli(vinilidene fluoride-trifluoroetilene) e il poli(vinilidene fluoride-trifluoroetilene)-clorofluoroetilene.

Attualmente i sistemi di raffreddamento si basano sulle proprietà di raffreddamento dei gas al diminuire della loro pressione. L’approccio di Zhang invece utilizza la variazione da disorganizzata a organizzata quando sono poste in un campo elettrico. Lo stato naturale di tali materiali è disorganizzato con le varie molecole posizionate in modo casuale. Quando viene applicato un campo elettrico, le molecole diventano altamente ordinate e il materiale cede calore, raffreddandosi. Quando il campo elettrico viene meno, il materiale ritorna al suo stato disordinato, assorbendo calore.

giovedì 13 settembre 2007

Nassiriya: Impiccato l'ideatore della strage

Abu Omar Al Kurdi, il terrorista accusato di essere l'ideatore dell'attentato di Nassiriya in cui il 12 novembre 2003 morirono 19 italiani, è stato impiccato in Iraq. E l'inchiesta della procura di Roma sugli esecutori della strage, in cui compariva come unico indagato, è inevitabilmente destinata ad essere archiviata. In piedi, a questo punto, resta solo l'indagine avviata dalla magistratura militare per le presunte carenze nella difesa di base Maestrale, devastata dall'esplosione del camion imbottito di esplosivo: l'udienza preliminare nei confronti dei tre ufficiali imputati è prevista per le prossime settimane.

'Il curdo' - ritenuto uno dei luogotenenti di Abu Musab al Zarqawi - venne arrestato dagli americani in Iraq un paio di anni fa: ha confessato di aver organizzato 36 attacchi suicidi, compreso quello di Nassiriya. Un tribunale iracheno lo ha processato e condannato a morte: pena che è stata eseguita, nonostante i tentativi da parte dell'Italia di evitarlo. Secondo quanto riferito dallo stesso al Kurdi, anche ai carabinieri del Ros, l'uomo avrebbe preparato materialmente il camion bomba insieme ad un altro terrorista, Haji Thamer, ucciso successivamente a Falluja.

L'operazione fu preceduta da una serie di sopralluoghi, durante i quali i due avrebbero verificato che le misure di sicurezza della base, posta nel centro della città, "erano scarse". L'attentato venne però rinviato perché il camion, guidato da Thamer e carico di 3.500 chili di esplosivo, venne bloccato dalla polizia. Il terrorista ne tornò in possesso il 12 novembre, sembra corrompendo i poliziotti con soli 300 dollari. Mentre Thamer restò sul posto per documentare l'esito dell'esplosione, a farsi saltare in aria alla guida del camion-bomba sarebbero stati un certo Abu Zubeir al Saudi, 'il saudita', e l'algerino Bellil Belgagem.

I pm romani titolari degli accertamenti sulla strage, Ionta, Saviotti e Amelio, avevano sollecitato l'estradizione provvisoria del terrorista, già condannato a morte. Al governo iracheno, con una lettera, avevano chiesto di sospendere l'esecuzione della pena capitale per consentire la celebrazione del processo a Roma in sua presenza. Non sarà più possibile. Si terrà invece le prossime settimane, davanti al gup del tribunale militare di Roma, l'udienza preliminare nei confronti dei tre ufficiali italiani accusati, a vario titolo, di aver colposamente omesso di predisporre tutte le misure idonee alla difesa di Base Maestrale e di non aver dato il giusto peso alle segnalazioni di possibili attentati. Gli imputati, che respingono ogni addebito, sono i generali dell' Esercito Vincenzo Lops e Bruno Stano, che si sono avvicendati al comando del contingente nazionale, e il colonnello dei Carabinieri Georg Di Pauli, comandante della Msu, l'unità specializzata multinazionale dell' Arma che aveva il suo quartier generale proprio nella Base Maestrale.

martedì 11 settembre 2007

Sicurezza cercasi

I milanesi si sentono poco sicuri - Boom delle difese 'fai da te'

Il 65,3% degli intervistati si sente meno sicuro nei luoghi pubblici affollati: lo scorso anno aveva dato la stessa risposta il 50,6%. Si segnala anche una crescita del 6,7% a Milano delle imprese che lavorano nella produzione e distribuzione di casseforti, porte blindate, vigilanza privata, antifurti

Un'esigenza sempre più marcata che ha determinato la crescita dell'1,6% in Italia, e del 6,7% a Milano, delle imprese che lavorano nella produzione e distribuzione di casseforti, porte blindate, vigilanza privata, antifurti.

L'elaborazione su dati del registro delle imprese 2005 e 2006, effettuta dalla Camera di Commercio di Milano, mette in luce come l'effetto terrorismo faccia calare la percezione di sicurezza: il 65,3% degli intervistati si sente meno sicuro nei luoghi pubblici affollati: lo scorso anno aveva dato la stessa risposta il 50,6%. Si temono i legami tra criminalità e comunità di origine araba, soprattutto con le pianificazioni di azioni terroristiche sul territorio (29,3%) e con l'aumento di microcriminalità nelle città (17,6%).

A sentire i cittadini si scopre che la sicurezza è uno dei temi più sentiti per uno su dieci. Circa uno su tre (quasi uno su due in centro) individua nella vigilanza l'intervento più adatto. Ad essere più impaurite sono le donne; i giovani vorrebbero maggiore sorveglianza nelle ore notturne, mentre sono gli anziani a chiedere interventi punitivi contro la microcriminalità.

Guardando al confronto con l'Europa, gli italiani in generale si sentono più insicuri: quasi la metà (43%) teme di subire un furto entro un anno (contro la media europea del 30%) e oltre uno su tre (35% contro 28% europeo) non si sente sicuro nel camminare di sera nel proprio quartiere. Per questo, il 20% ricorre ai sistemi d'allarme, il 59% alle porte blindate e il ricorso ai bodyguard è aumentato del 13%.

lunedì 10 settembre 2007

Cassazione: carcere anche per i minorenni che rubano

La Cassazione dà il via libera alla custodia cautelare nei confronti di ragazzini minorenni accusati di furto in appartamento o scippi per strada. La Suprema Corte ha infatti annullato l’ordinanza con la quale il Tribunale per i minorenni di Roma aveva disatteso la richiesta di convalida dell’arresto di un’adolescente nomade, sorpresa a rubare in una casa, sostenendo che la misura cautelare non era applicabile per questo genere di reati. La Suprema Corte è stata di diverso avviso e ha annullato con rinvio al Tribunale per i minorenni di Roma che dovrà adottare la linea dura nei confronti dei giovanissimi ladri d’appartamento e scippatori.

Sull’applicabilità, o meno, del carcere preventivo ai minori accusati di furto nelle abitazioni o scippo, la Cassazione ha prodotto due filoni giurisprudenziali in netto contrasto tra loro e mai risolti, finora, dalle Sezioni Unite cui la questione era stata sottoposta ma che - per motivi di sopravvenuta mancanza d’interesse - non è stata risolta. In base a un primo orientamento, la custodia cautelare non sarebbe applicabile nei confronti dei minorenni che rubano e scippano in quanto il carcere preventivo per tali reati non sarebbe espressamente richiamato dal Dpr 448 del 1988 che disciplina i casi in cui può essere applicata la custodia nei confronti di imputati minorenni. Un secondo orientamento - condiviso dalla sentenza 34216 della quarta sezione penale della Suprema Corte, depositata oggi, sostiene che è invece possibile applicare ai minori la custodia cautelare anche nel caso di "illeciti puniti con la reclusione non inferiore a nove anni" ed anche nel caso di "specifiche fattispecie" come quelle del furto "ridisegnate" dalla legge 128 del 2001.

In pratica, per gli 'ermellini' "i reati di furto, aggravati perché commessi in abitazione o con strappo" fanno scattare la custodia cautelare in quanto hanno "l’aggravante incorporata" dalla modalità stessa di commissione del reato e non importa se, per i furti in appartamento e gli scippi, il nuovo articolo 624 bis del codice penale prevede la reclusione massima fino a 6 anni. Per effetto di questa decisione il Tribunale dei minorenni di Roma dovrà rivedere la decisione con la quale, lo scorso 23 gennaio, ha rimesso in libertà Romina N., un’adolescente sorpresa a rubare in un appartamento della capitale. La convalida dell’arresto era stata chiesta dal pm.

venerdì 7 settembre 2007

Case popolari a prezzi stracciati

Dopo le case degli enti e quelle di proprietà del comune, adesso nella capitale è arrivato il momento della svendita degli alloggi popolari dell’Ater provinciale. L’ex Istituto per la case popolari (Iacp) di Roma, infatti, ha trovato un solo modo per uscire da un buco di bilancio spaventoso (un miliardo di euro il debito strutturato, 50 milioni le perdite aggiuntive di ogni anno): vendere subito 15mila appartamenti, oltre il 28 per cento del patrimonio totale (circa 53mila gli immobili).

Case popolari, certo. Alloggi spesso in periferia, ovvio. Stabili in condizioni disastrate, nella maggior parte dei casi. Ma non sempre è così. Tra le proprietà dell’Ater figurano anche palazzi in zone centrali, magari da restaurare, ma il cui valore è certamente più alto di un monolocale in periferia. A Prati per esempio. Tra gli alloggi che finiranno sul mercato, infatti, figurano quelli di piazza Mazzini, viale Mazzini, via Sabotino e viale Carso. Eppure il prezzo medio cui verrà dismesso il patrimonio, parole del presidente dell’Ater Luca Petrucci, è di 60mila euro. Un’inezia in una città in cui i costi degli appartamenti sono alle stelle.

A denunciare da tempo le «stranezze» connesse alla svendita Ater è il capogruppo regionale del Lazio dei Socialisti riformisti Donato Robilotta. «Il presidente dell’Ater sta svendendo il patrimonio - attacca l’esponente socialista, assessore al tempo di Storace, ora nella maggioranza di Marrazzo -. A luglio la giunta ha modificato la legge regionale che impediva la vendita a chi non aveva diritto all’alloggio popolare con un piccolo aumento di prezzo di circa il 15 per cento». Così, per tornare all’esempio di Prati, case che valgono sul mercato un milione e 400mila euro saranno vendute a 150mila euro. E, come detto, potrebbero finire a chi non aveva nemmeno diritto all’immobile. «Nell’emendamento che avevo presentato io e che è stato respinto in giunta - prosegue Robilotta - avevo proposto di consentire sì la vendita di questi appartamenti di pregio anche a chi avesse un reddito superiore. Ma, a mio avviso, il prezzo doveva essere quello di mercato su cui applicare un piccolo sconto dell’ordine del 20 per cento. Ho chiesto da tempo che venga bloccata la vendita di questi stabili e di modificare la legge regionale. Ma Petrucci non ci sente».

Contro la decisione dell’Ater si è espressa anche Confcooperative Roma. «È sconsolante e sconcertante quanto sta avvenendo - le parole del presidente Carlo Mitra -. Questo accade quando è assente il concetto di “responsabilità” sia da parte della struttura chiamata a gestire e valorizzare un bene pubblico, sia da parte degli utenti beneficiari. Ciò non sarebbe mai accaduto e mai è accaduto laddove le abitazioni sociali si sono costruite con la forma cooperativa». Ma è sulla questione della vendita a chi non aveva diritto che Mitra si scatena: «Quelli che veramente hanno problemi non potranno partecipare alla cartolarizzazione, mentre non poche famiglie con redditi importanti in esso insediate acquisiranno un bene pubblico di grande valore a prezzi di favore. Si afferma che sia un percorso obbligato. Peccato che tutte le azioni politiche da un po’ di tempo privilegino sempre chi è già dentro al sistema delle garanzie sociali».

giovedì 6 settembre 2007

L’indulto libera anche Erika, Omar e Jucker

Geografia della cronaca nera che tutti abbiamo sfogliato con orrore: Ruggero Jucker, il rampollo della Milano bene che fece a pezzi la fidanzata, è a un passo dai primi permessi; Erika, la ragazza di Novi Ligure protagonista di uno spaventoso massacro, fra sei mesi avrà tutti i requisiti per chiedere la semilibertà e lasciarsi alle spalle il carcere; Pietro Maso, il giovane bene di Verona che sterminò i genitori, di qui all’autunno potrebbe abbandonare la prigione di Opera.

E' l’indulto a tenere insieme tutte queste storie che albergano nei retropensieri di tutti gli italiani. «Meglio sei mesi di carcere effettivo che sei anni di carcere minacciato - allarga le braccia Franco Coppi, principe del foro - ma da noi la pena non è certa e l’indulto ha dato il colpo di grazia a un sistema farraginoso e sgangherato». L’indulto, ovvero il bonus di tre anni che si applica a una sfilza di reati, anche i più odiosi come l’omicidio. Trentasei mesi in meno che abbattono la pena e ridisegnano tutti i parametri che calcolano la vita carceraria di un individuo. «Possono apparire operazioni noiose di aritmetica giudiziaria - prosegue Coppi - ma alla fine è l’effettività della pena a farsi benedire, proprio perché l’indulto moltiplica i suoi effetti combinandosi con altri strumenti, come la liberazione anticipata, la semilibertà o la libertà condizionale».

Gli esempi sono la prova provata che l’inquietudine serpeggiante fra la gente comune ha un fondamento: la pena comminata è spesso assai lontana da quella reale che poi è quella percepita dai cittadini. Prendiamo il caso, spaventoso, della povera Alenya Bortolotto, la bella ragazza uccisa con un coltello dal fidanzato Ruggero Jucker. Era il luglio 2002 e la Milano bene fu sconvolta da quel delitto crudele e senza alcun movente. «Jucker - spiega l’avvocato Vinicio Nardo, che difende gli interessi della famiglia Bortolotto - fu condannato a 16 anni. Con l’indulto si scende a 13». Ma la corsa all’ingiù dell’ascensore non si ferma qui: «Ogni anno di carcere, il detenuto guadagna uno sconto di tre mesi, a meno che non sia responsabile di comportamenti scorretti. Jucker, in galera dal luglio 2002, dovrebbe aver avuto per questo un ulteriore bonus di un anno e tre mesi». Dunque? «A ottobre - aggiunge Nardo - avrà raggiunto la bandierina della metà pena e avrà diritto ai permessi. Il 20 gennaio 2009 potrà chiedere la libertà condizionale e in quel caso sarà completamente libero. Naturalmente, il tribunale di sorveglianza potrebbe dire di no ed è probabile che alla fine imponga una misura di sicurezza, come il ricovero in una struttura psichiatrica, ma intanto queste sono le scadenze sul calendario».

Un’eccezione? La tragedia biblica di Erika e Omar ci costringe ancora a muoverci fra sconti e bonus, con l’indulto a fare da moltiplicatore. Erika ha avuto 16 anni, Omar 14: con la legge «buonista» diventano 13 e 11. La lezione di aritmetica già letta per Jucker si ripete con qualche variante: i due sono in cella da 6 anni e mezzo, dovrebbero aver incamerato, con la liberazione anticipata, un ulteriore sconto di un anno e mezzo, anzi qualcosa in più. Risultato: grossomodo fra sei mesi Erika potrà aspirare alla semilibertà - non alla libertà condizionale che presuppone il risarcimento del danno - e a una vita quasi normale. «Omar, invece, ha già raggiunto il traguardo dei due terzi della pena, - dice al Giornale Mario Boccassi, il difensore di Erika - ma i giudici gli hanno negato tutti i benefici e credo che anche per Erika la strada sia tutta in salita».

Nulla è automatico: a volte i giudici spruzzano clemenza, a volte stracciano le equazioni costruite con la legge Gozzini e non concedono nulla di nulla. In autunno, anche Pietro Maso, dentro dal ’91, potrebbe entrare, sfruttando il doppio scivolo dell’indulto e della liberazione anticipata, nel girone dei semiliberi. Come Mattia, il minore che partecipò allo stupro e all’omicidio di Desirée, altro foglio nell’album di un’Italia feroce. Ma qui, la scorciatoia si perde nel pasticcio legislativo che ha accompagnato il varo della norma: l’indulto si applica all’omicidio, non alla violenza sessuale. «Mattia - conclude Coppi - resterà in cella qualche mese in più».

Addio a Pavarotti, la voce italiana

Il tenore Luciano Pavarotti è morto nella sua villa a sud di Modena. Era malato di tumore al pancreas. La notizia è stata confermata da Terri Robson, manager del tenore, alla Reuters. "Luciano Pavarotti è morto un'ora fa", ha comunicato Robson in un fax all'agenzia britannica. Secondo voci che già si erano rincorse a Modena da un paio di giorni le condizioni di Luciano Pavarotti, dimesso dal Policlinico di Modena il 25 agosto, si erano ulteriormente aggravate. Pavarotti, operato per tumore al pancreas l'anno scorso, aveva avuto un peggioramento mentre si trovava nella sua casa sulle colline di Pesaro e l'8 agosto era stato ricoverato con difficoltà respiratorie e febbre alta. Dopo la degenza, che si era prolungata più del previsto, era tornato a casa, ma a Modena, seguito dai medici del dipartimento di oncologia. I funerali di Pavarotti si svolgeranno sabato pomeriggio - per permettere alle personalità internazionali di prendervi parte - nel Duomo di Modena. Nello stesso Duomo, oggi pomeriggio, sarà allestita la camera ardente.

Due giorni fa il premio per l'Eccellenza in cultura Proprio due giorni fa il ministro della Cultura, Francesco Rutelli, aveva annunciato l'assegnazione al Maestro Luciano Pavarotti del Premio per l'Eccellenza nella cultura e aveva ricordato la grande battaglia che Big Luciano stava combattendo contro la malattia "con la stessa determinazione con cui si è affermato nel mondo in una carriera formidabile". Il ministro dei Beni culturali aveva ricordato la vicinanza di istituzioni e popolo italiano a Pavarotti nella sua battaglia e hanno manifestato in questi mesi e anni la loro stima e ammirazione per il tenore: "Rispetto a tutto ciò non abbiamo voluto mancasse un riconoscimento formale". Nell'apprendere la notizia del prestigioso riconoscimento, il Maestro aveva espresso la sua commozione e "affettuosa riconoscenza": "Il premio mi riempie di gioia e di orgoglio, viene ad abbracciare la mia lunga carriera, in cui ho avuto il privilegio di portare la cultura italiana nel mondo".

Il tenore più famoso degli ultimi 30 anni Luciano Pavarotti, 71 anni (nato a Modena il 12 ottobre 1935), è stato il tenore più famoso degli ultimi trent'anni. Figlio di un fornaio dell'esercito, appassionato di canto, Luciano, studia con il tenore Arrigo Pola e il Maestro Ettore Campogalliani. Debutta il 29 aprile 1961, nel ruolo di Rodolfo in La Boheme, all'Opera di Reggio Emilia. Negli Stati Uniti trionfa nel febbraio 1965, a Miami, con Joan Sutherland, nella Lucia di Lammermoor. Ma l'exploit arriva il 17 febbraio 1972, al Metropolitan di New York, dove nella Fille du Régiment di Donizetti manda in visibilio il pubblico con nove Do di petto perfetti. suo il record di 17 chiamate ed ovazioni al sipario. Da allora il suo nome è noto al grande pubblico grazie anche alla tv.

I successi recenti Negli anni '90, Pavarotti cura molto i concerti all'aperto, che si rivelano grandi successi. Ad Hyde Park a Londra attira oltre 150.000 persone. Nel giugno 1993, in più di 500.000 si accalcano in Central Park (New York), mentre in milioni lo seguivano in tv. A settembre dello stesso anno, all'ombra della Torre Eiffel, canta per circa 300.000 persone. Tra i più famosi, i concerti dei Tre Tenori con Plácido Domingo e José Carreras. Ma è intensa anche l'attività di organizzatore del 'Pavarotti and friends', col quale riunisce nella sua città natale, a scopo di beneficenza, le star del pop internazionale.

Il testamento: "Ricordatemi come un cantante lirico" "Spero di essere ricordato come cantante d’opera, ovvero come rappresentante di una forma d’arte che ha trovato la sua massima espressione nel mio Paese, e spero inoltre che l’amore per l’opera rimanga sempre di importanza centrale nella mia vita". Così Luciano Pavarotti in una sorta di testamento artistico pubblicata parecchi mesi fa sul suo sito internet, all’epoca del Farewell tour poi interrotto per i problemi di salute, e tuttora presente sul web. "Fortunatamente la vita ci presenta momenti assai diversi - scriveva il Maestro - E come tanti miei predecessori, compreso il grande Caruso, amo la diversità musicale dei brani scritti per voce di tenore. La letteratura per tenore è la più variegata di tutte. In qualsiasi lingua, e in confronto ad altri generi, contiene la gamma di emozioni più ampia".

lunedì 3 settembre 2007

Morto Nirenstein, una vita dedicata alla Shoah

Si è spento ieri nella sua casa alle pendici della collina di Fiesole (Firenze) Alberto Nirenstein. Combattente delle Brigate Ebraiche nella seconda guerra mondiale, in Nord Africa e in Italia (sbarcò a Salerno), aveva lasciato Varsavia nel 1936 ed era stato sionista e fra i primi coloni dello stato di Israele, rispondendo alla chiamata di Ben Gurion. Era nato nel 1915. La data esatta è imprecisata, causa la distruzione dei documenti anagrafici dopo l’invasione nazista e la Shoah. Il suo paese d’origine, Baranow, tra Lublino e Varsavia, fu raso al suolo durante la guerra e mai più rifondato. Proprio alla ricostruzione delle vicende dell’Olocausto Nirenstein (il cui cognome originario, Nirenstajn, venne poi italianizzato) aveva dedicato gran parte della vita, tornando a Varsavia nel 1950 alla ricerca di documenti e testimonianze.

Scrisse tra l'altro il primo libro sullo sterminio, Ricorda cosa ti ha fatto Amalek (Einaudi, 1960). A Varsavia, il giovane studioso ritrovò i diari che un gruppo di intellettuali avevano nascosto in dieci casse, dopo aver descritto accuratamente le cronache dell’istituzione del ghetto e del massacro che ne seguì. Tradusse tutti i documenti redatti in ebraico e in yiddish. Ma una volta terminato il lavoro, gli venne impedito l’espatrio. Come ricorda una delle sue tre figlie, Fiamma, nota giornalista ed editorialista del Giornale, «fu rilasciato solo alla morte di Stalin, nel 1953. Prima, neppure mia madre, Wanda Lattes, riuscì a ottenere che la burocrazia sovietica gli permettesse il rimpatrio, pur essendosi rivolta direttamente a Palmiro Togliatti».

Alberto Nirenstein era un uomo schivo. Non cercava la notorietà. Forse anche per questo, spiega ancora la figlia «l’Italia non gli ha mai riconosciuto il ruolo di testimone diretto né di studioso della Shoah, relativamente alle vicende polacche». Aveva studiato anche le vicende di Cracovia. Sostenne: «È giusto parlare di Schindler, ma sarebbe anche giusto parlare di quei ragazzi e ragazze di 18, 20 anni, poco meno di un centinaio che attaccavano le Ss, ancora prima della rivolta del ghetto di Varsavia. Giovani anarchico-romantici, molto idealisti, che sapevano di avere poche possibilità di scampare. Furono quasi tutti catturati dopo un attacco a un grande caffè di Cracovia. Prima di morire una ragazza è riuscita a scrivere, rinchiusa nella cella, un diario che si chiama Il diario di Justina. È quasi più commovente del Diario di Anna Frank».

Lo scrittore rimase sempre apolide, scegliendo di vivere nel nostro paese per motivi familiari, ma mantenendosi attivo nel movimento La Giovane Guardia e collaboratore del giornale israeliano Al Namishmar, (La Guardia). Lui, laico che frequentava la sinagoga nelle festività, aveva incontrato papa Giovanni Paolo I e gli aveva parlato della questione ebraica in Polonia, in termini franchi e diretti, ricevendone manifestazioni di simpatia, anche personale. Alcune sue toccanti rievocazioni sono nei racconti del volume Come le cinque dita di una mano (Rizzoli, 1998) scritto insieme alla sua famiglia. Un’altra figlia, Susanna, è giornalista e una terza, Simona, musicista. Nirenstein ha avuto una vita dura e romanzesca, costellata di prove spaventose, ma animata da una fame inesauribile di verità. Eppure, come recita il titolo di un altro suo libro, È successo solo cinquant’anni fa (La Nuova Italia, 1993). Cinquanta o cento, non fa differenza.

domenica 2 settembre 2007

La burocrazia italiana ci costa 5.564 euro

La burocrazia costa a ciascun cittadino italiano 5.564 euro all'anno. La pubblica amministrazione del nostro Paese, lungi dall'essere una molla di sviluppo, si rivela un peso, visto che risulta tra le più care tra quelle europee, seconda solo alla Francia, dove però in termini di efficienza e di performance il pubblico impiego è nettamente migliore del nostro. È quanto emerge dall'analisi condotta dall'Ufficio Studi della Cgia di Mestre che ha messo a confronto le principali pubbliche amministrazioni europee.

Sul totale della spesa per la pubblica amministrazione in Italia, spiega però la Cgia, incide molto il costo degli interessi corrisposti sul debito pubblico. Ma una parte rilevante dei costi complessivi è quella relativa al funzionamento della macchina pubblica (ovvero, l'amministrazione e la gestione). Tra i principali Paesi europei solo la Francia con 5.765 euro pro capite registra una spesa superiore alla nostra, ma con ben altri apporti dal punto di vista dell'efficienza. Analizzando i dati, sottolinea la Cgia, emerge che la spesa di funzionamento totale è data dalla sommatoria dei costi per il personale, dai costi per l'amministrazione e la gestione e quelli per gli interessi da pagare sul debito pubblico.

Dietro Francia e Italia quindi c'è il Regno Unito con 5.182 euro, la Germania con 4.115 e all'ultimo posto, tra i principali paesi dell'Europa dei 15, la Spagna con soli 3.247 euro pro capite. «Di fronte a questi risultati - commentano dalla Cgia di Mestre - ciò che balza subito agli occhi non è tanto il costo del personale italiano che con 2.660 euro pro capite è ben al di sotto dei dati riferiti al Regno Unito o alla Francia, bensì i costi per il funzionamento della macchina pubblica che è la più costosa tra i principali paesi Ue nostri competitori. Infatti - concludono - se da noi il costo si attesta sui 1.763 euro pro capite in Francia è pari a 1.389 mentre tutti gli altri paesi sono ben al di sotto di questo importo. Infine, ma questo non rappresenta certo una novità, paghiamo ben 1.141 euro pro capite di interessi sul debito pubblico contro i 752 della Germania, i 739 della Francia, i 638 del Regno Unito e i 379 della Spagna.

martedì 28 agosto 2007

Firenze, ora i lavavetri rischiano l'arresto

Purtroppo la nostra classe dirigente, tranne poche eccezioni ovviamente, non si rende conto che si sta arrivando al limite della sopportazione.
Risse per uno sguardo di troppo come il recente caso Esselunga di viale Jenner ci ricordano. La paura che i cittadini percepiscono, l'impennata di sbarre alle nostre e sottolineo nostre finestre, non sembrano interessare chi vive sempre all'ombra della quercia. Di quelli che fanno le vacanze in Sardegna dopo aver fregato milioni e milioni ai poveri fessi.
La cosa che mi fa riflettere è che ben l'88% delle persone che hanno risposto al sondaggio del Corriere Della Sera si sono dichiarate d'accordo con l'ordinanza.
La corda a furia di tirare si spezza...

L'ordinanza è l’effetto della esasperazione dei fiorentini, che hanno fatto piovere denunce ai comandi di polizia, segnalando maniere violente da parte dei lavavetri, soprattutto ai danni di donne sole al volante: un clima che ha spinto l’amministrazione comunale a emettere un’ordinanza urgente con effetto da oggi. Sono già almeno 15 le denunce contro i lavavetri sorpresi questa mattina in varie zone di Firenze. Il dato è confermato dalle forze di polizia.

Oltre al sequestro degli attrezzi, il lavavetri sarà denunciato e dovrà andare dal giudice che deciderà se fargli scontare fino a 3 mesi di carcere o fargli pagare un’ammenda da 206 euro. "Negli ultimi tempi stiamo ricevendo numerosi reclami da parte di cittadini che hanno notato una modifica nell’atteggiamento dei lavavetri, diventati molto aggressivi soprattutto nei confronti delle donne ancor di più se sole in auto", hanno dichiarato in una nota diffusa ieri Graziano Cioni, assessore alla sicurezza e vivibilità urbana, e Silvano Gori, assessore alle attività produttive

lunedì 27 agosto 2007

Perché alle donne piace il rosa

La preferenza si manifesta in tutte le civiltà e la cultura ha probabilmente solo esaltato una predilezione naturale.
Che ci siano differenze nei colori prediletti di maschi e femmine è a dir poco un luogo comune. Un gruppo di ricercatori della Newcastle University, in Gran Bretagna, ha però voluto controllare se l'affermazione corrispondesse veramente a realtà e ha sottoposto un gruppo di giovani donne e uomini a un test, nel quale dovevano scegliere quanto più rapidamente possibile di volta in volta il colore preferito in una lunga serie di coppie di rettangoli colorati.

Dai risultati del loro studio, pubblicati sull'ultimo numero della rivista "Current Biology", risulta che effettivamente le donne prediligono molto più degli uomini il rosa rispetto agli altri colori.

"Pur aspettandoci delle differenze fra i sessi, siamo stati sorpresi da quanto queste siano marcate", ha detto Anya Hurlbert, che ha condotto la ricerca.

In effetti, il colore universalmente più gradito appare essere l'azzurro, tuttavia, sull'asse colorimetrico che va dal rosso al verde, le persone di sesso femminile hanno una spiccata preferenza per l'estremità rossa, e questo fa virare la loro preferenza dal blu verso il rosa e il lilla, che fra di esse rappresenta il colore maggiormente scelto.

Per capire se questa preferenza abbia tuttavia una base maggiormente culturale o biologica, i ricercatori hanno confrontato i risultati ottenuti fra due gruppi rispettivamente di bianchi di cultura inglese e di cinesi, trovando che fra di essi non vi erano significative differenze. Un risultato che depone a favore dell'ipotesi che la differenza di preferenze possa affondare le proprie radici in una componente biologica.

Secondo la ricercatrice, la spiegazione potrebbe essere di tipo evolutivo e aver avuto origine nel lunghissimo periodo di tempo durante il quale l'umanità sarebbe sopravissuta con un'economia di caccia e raccolta. Le donne, a cui era principalmente affidata l'attività di raccolta, mentre i maschi si dedicavano alla caccia, avrebbero sviluppato una particolare sensibilità e attenzione per i colori tendenti al rosso dei frutti.

"L'evoluzione, ha osservato la Hurlbert, può aver portato le donne a preferire lo tinte rossastre, e la cultura può quindi aver sfruttato e accentuato questa predilezione".

La ricercatrice intende ora proseguire lo studio esaminando le preferenze in bambini piccoli.

Quanto all'universale preferenza per l'azzurro, ha proseguito la Hurlbert, "posso solo speculare, sempre sulla base di argomenti di tipo evolutivo. Tornando ai tempi della vita nella savana, la ragione della preferenza per questo colore potrebbe essere nel suo valore di segnale di tempo buono. E forse anche di segnale di una fonte di acqua buona e pulita."

mercoledì 22 agosto 2007

A luglio boom di pignoramenti case negli USA

Oggi riporto una notizia letta su Televideo.
Fa molto riflettere, non tanto per il fatto che sia successo negli USA o perché sia successo, ma a me, personalmente, fa riflettere pensando ai costi che effettivamente sono chiesti oggi per una casa. Siamo ai limiti dell'impossibile.
Già oggi in Giappone i mutui vengono ereditati dai figli al pari della casa e la cosa mi fa profondamente riflettere su come un bene primario, che dovrebbe essere garantito, sia a pannaggio di una classe di furbetti di quartiere, che più ne combinano e più sono alla ribalta delle cronache mondane e non.
Li venerano come santi ed eroi... ma stiamo scherzando? Ma dove stiamo andando a finire?
Negli Usa è boom dei pignoramenti di case: in base ai dati diffusi dall'agenzia RealtyTrac, a luglio sono raddoppiati rispetto all'anno precedente.
Situazione dovuta all'aumento dei tassi di interesse che ha reso difficile per molte famiglie far fronte alle rate del proprio mutuo.
Anche l'agenzia Bloomberg rileva che gli avvisi di pignoramento a luglio sono stati 179.599, il 93% in più rispetto a luglio del 2006. Nevada, Georgia e Michigan gli stati più colpiti.

martedì 21 agosto 2007

Odio l'incoerenza

Di natura non sopporto l'incoerenza, ma purtroppo sono costretto, come la maggior parte di noi, a conviverci nel bene e, come più sovente capita, nel male.

Nella vita virtuale capita molto più di sovente, ma non per il fatto di non essere reale risulta più gradita.
Persone che prima dicono tutto e nemmeno dopo due ore dicono il contrario di tutto.

E qui mi viene in mente il post di ieri. Sebbene non strettamente riconducibile a questo, penso che il fatto che Internet abbia dato la possibilità di immediatezza, molto spesso la stessa non venga sfruttata come un'opportunità ma come una infinita possibilità alla quale, se ho voglia rimedio, altrimenti fanzum a tutti.

Le persone non leggono più. Pensano che ci sia un rimedio a tutto. Pensano che le parole volino, ma non è così. Una frase scritta puoi rileggerla mille volte ed ogni volta trovare un senso negativo diverso.